BRASILE. Qualcuno può dirmi dove è andato a finire il pane che non sta dove dovrebbe stare? Chi lo prese è perchè aveva fame, o per puro desiderio di guadagno? In qualsiasi posto sia stato portato, tutti sanno che il pane accumulato invecchia, ammuffisce e fa male, soprattutto a chi è rimasto senza-
Uscendo da un piccolo ristorante della città un’anziana povera, nera, appena dimessa da l’ospedale, mi si avvicinò rispettosamente e mi chiese: “posso rubarle un minuto?”, “certamente”, risposi. Allora continuò: “Guardi signore ho fame e non ho soldi per comprare un pane”. Subito mi venne alla mente la domanda: chi le ha rubato il pane? O forse non ha il diritto di averlo?
Ad una immensa moltitudine di persone hanno rubato il pane e il diritto ad averlo. A volte penso se, per caso, il denaro per comprare un pane non sta nelle banche che fatturano enormi guadagni. In questi giorni Bradesco, la maggior banca privata del Brasile, annuncia un guadagno liquido di due miliardi di euro, il 75% in più dell’anno scorso; e l’Itaù, altra banca privata, ebbe un guadagno di 3 miliardi, superando così l’eterno rivale Bradesco. In questa disputa per chi è il più forte, l’Itaù ebbe un guadagno di 113% superiore a quello dell’anno scorso. Vale la pena chiedersi: dove verrà impiegato un mucchio così grande di soldi, ottenuti con il sacrificio di piccoli risparmiatori, con alti interessi applicati ai prestiti, e tramite investimenti speculativi?
La premessa della disuguaglianza è sempre la stessa.
Quando da una parte c’è molto è perché manca dall’altra. L’accumulo può avere origini diverse, ma esso si mantiene sempre per una mancanza di equa distribuzione e attraverso molteplici azioni fraudolente. In Brasile, abbiamo mucche super fatturate, latte adulterato e formaggio rubato. Rubano perfino la purezza e la forza dell’acqua, il verde e la freschezza delle foreste, la fertilità e le ricchezze del sottosuolo. E molti uomini e donne, giovani, anziani e bambini, hanno la propria libertà saccheggiata. La loro dignità e i loro sogni sono rubati alla luce del giorno e nell’oscurità della notte. E’ come dice il poeta Edoardo Alves da Costa: “Nella prima notte essi si avvicinano e rubano un fiore dal nostro giardino. Nella seconda notte, non si nascondono più; calpestano i fiori, uccidono il nostro cane e noi rimaniamo in silenzio. Infine, un giorno, il più fragile di loro entra da solo nella nostra casa, ruba la luce e conoscendo la nostra paura, strappa la voce dalle nostre gole. E così non possiamo dire più nulla”. Rubare è peccato, non dimentichiamolo! Ferisce il settimo comandamento e attenta la sovranità etica e morale di ciascuno. Chi rubò il formaggio e il pane, il fiore e il frutto, la luce e la voce, non ha nessun scrupolo a rubare pure le sementi e le utopie, i sogni e i desideri. I ladri, tuttavia, non sempre sono fuori. Possono star dentro di casa. Non fuggiamo con il pane e il formaggio che appartengono ai nostri compagni e compagne. Non permettiamo che altri lo facciano. Nella tavola dell’umanità, servita dalle mani della giustizia, tutti devono aver garantito il diritto al pane con dignità.
(di don Felice Tenero, che scrive dal Brasile)